Agenda politica di destra cavalca l'onda della sicurezza diffondendo video inopporturni. La povera donna stuprata a Piacenza finisce online

In Italia sembra che se si vede un atto osceno, che mette in difficoltà una persona (in questo caso una donna) e lo si osserva sfociare in violenza e rischio per la persona, diventi uno spettacolo da riprendere con lo smartphone, ma guai ad intervenire in soccorso della povera vittima.  

A Piacenza una 55enne Ucraina è stata buttata a terra da un 27enne della Guinea e violentata, con tutto ciò che uno stupro comporta. Se ne parla perché la scena è stata vista e ripresa da un abitante della zona, che dal proprio balcone ha unicamente fatto il video, senza intervenire. Per poi diffondere il video in Rete. Tutto lo scenario diventa subito uno sfondo per la campagna elettorale di destra che continua a condividerne le immagini, focalizzando l'attenzione sul criminale di colore nero, senza pensare minimamente alla persona ferita.

Il caso della violenza sessuale avvenuta a Piacenza domenica mattina diventa oggetto di contesa da campagna elettorale. E al centro della polemica finisce in particolare la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, sotto accusa per aver condiviso sui social un video che riprende lo stupro. Se inizialmente la questione è stata sollevata dal segretario del Pd Enrico Letta, ora l’episodio del post social della presidente di Fdi è finito anche su alcuni media internazionali come Reuters, il Telegraph e il Guardian. Nel frattempo la Procura di Piacenza ha aperto un’inchiesta sulla diffusione del filmato, finito su alcuni giornali online e poi rimosso, mentre un’istruttoria è stata avviata anche dal Garante della Privacy “per accertare eventuali responsabilità da parte dei soggetti che a vario titolo e per finalità diverse” hanno diffuso il video. L’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna ha definito il fatto “di una gravità inaudita, inaccettabile dal punto di vista professionale e umano, contraria alle norme deontologiche alla base della professione giornalistica”, chiarendo che “non c’è clic che possa valere più della tutela della vittima, non c’è giornalismo se non c’è rispetto della deontologia”. “Pubblicare il video di uno stupro è un’altra violenza nei confronti della donna che lo ha subito” ribadiscono le Commissioni Pari Opportunità dei sindacati Fnsi, Usigrai e del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e l’associazione Giulia Giornaliste che, in una nota congiunta, “condannano chi usa il corpo delle donne solo per raccogliere visualizzazioni”.

da Il Fatto Quotidiano

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