Mentre il mondo si interroga sul futuro di Evergrande e sul possibile effetto domino di un suo default, in Cina è in corso una vera e propria crisi energetica. Fabbriche chiuse, abitazioni illuminate solo con luce naturale, divieto di far funzionare il microonde in casa, sono solo alcuni esempi di quanto sta accadendo in almeno 20 province del Paese, che insieme pesano per circa il 65% del Pil cinese.
La Cina sta dunque razionando notevolmente l'uso delle fonti energetiche, e i motivi sono essenzialmente due:
- Il forte aumento della domanda di elettricità e dei prezzi del carbone e del gas
- La riduzione dell’impatto dell’inquinamento in vista delle Olimpiadi invernali di febbraio 2022. Un obiettivo che ha già visto il sacrificio di una parte della produzione di acciaio, alluminio e, soprattutto, cemento, i cui prezzi infatti non se la passano granché bene).
Qual è il problema più grande? Intanto che le previsioni di crescita della Cina, per evidenti motivi, sono già state tagliate (da GS, Nomura, etc..). Ma - poiché quando Pechino starnutisce il mondo prende l’influenza - il rischio è che si interrompa la catena di fornitura globale, che già non gode di una salute ottimale. Nelle ultime ore i fornitori di Apple e Tesla hanno interrotto la produzione in alcuni dei loro siti in Cina, ma altre società più piccole stanno iniziando ad informare le Autorità di Mercato di aver fermato le attività. Inoltre, spostandosi dalle fabbriche alle case, la crisi energetica sta iniziando a spostarsi dalle fabbriche alle case, il che potrebbe creare rischi di instabilità sociale in un momento in cui tanta gente è già preoccupata dei risvolti che avrà la vicenda Evergrande sulle loro tasche.
Il peggioramento della crisi energetica in Cina riflette un'offerta estremamente ridotta a livello globale. Il rimbalzo economico dopo l'uscita dai lockdown ha aumentato la domanda da parte di famiglie e imprese in un momento in cui i gruppi estrattivi avevano investito meno. Un energy crunch che pone nuovi rischi sui prezzi dei materiali coinvolti, e pone conseguentemente nuovi interrogativi sulla transitorietà dell’inflazione. E i bond si adeguano.
USA: cambi in vista alla Fed
I recenti scandali che hanno coinvolto alcuni esponenti della Banca centrale USA (avrebbero effettuato operazioni di trading sospette…) hanno portato a due dimissioni eccellenti: Rosengren e Kaplan. Sono due esponenti che avrebbero dovuto votare nel 2022. Con i loro due seggi, sale così a 6 (5 membri del board più la sedia di Powell, che non è ancora stato riconfermato) il computo totale dei posti che verranno sostituiti il prossimo anno. Ma considerato l’atteggiamento storicamente piuttosto hawkish dei due dimissionari, è alta la probabilità di avere a che fare con una Fed più “colomba” rispetto a quella attuale.
Agenda di oggi: fiducia dei consumatori USA e interventi di Lagarde ePowell
Sul fronte macro la seduta è densa di dati rilevanti. In Germania l'indice di fiducia dei consumatori Gfk di ottobre è tornato in territorio positivo per la prima volta dall'inizio della pandemia, segnando +0.3 punti da -1.1 del mese precedente. Il dato clou arriverà tuttavia dagli USA: l'indice di fiducia dei consumatori di settembre, atteso salire a 114.5 punti dai 113.8 di agosto. Previsti anche numerosi interventi di banchieri centrali, sia lato Bce (Lagarde, de Guindos, Panetta, Schnabel) che lato Fed (Powell, Evans, Bostic).
Attesa parlare anche il Segretario al Tesoro USA Janet Yellen.
In conclusione
La paura dell’inflazione torna più viva che mai. Corrono i rendimenti (e i Treasury si portano dietro il dollaro), mentre sul fronte azionario la preferenza per i ciclici continua a premiare - in termini relativi - i listini europei.
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